Ore 21:53 di lunedì sera. Stravolta, come al solito.
In posizione talmente contorta che neanche la più complicata Asana eseguita da Buddha in persona, con il braccio destro sotto la testa della piccola che ciuccia indefessa la tetta allungata a forma di orecchia di cocker ed il braccio sinistro piegato per far aggrappare il grande che russa come un trattore, mentre con le dita intorpidite leggo (o almeno ci provo) qualche notizia e mi concedo qualche minuto di puro fancazzismo prima di stramazzare per qualche ora (mica penserete che è possibile tutta la notte, vero?).
“Cara tu che riordini ogni sera, ma l’indomani ripiombi nel caos” Ma che ce l’ha con me?
“Cara tu che non ci provi nemmeno, a riordinare” Oddio mio, mi hanno scoperto.
“Cara tu che dopo che hai cucinato, la tua cucina sembra la fortezza distrutta di Isengard” Lo sapevo che il caffè era una scusa e quella stronza macrobiotica della vicina ha piazzato delle microspie per denunciarmi all’ufficio di igiene.
“Cara tu, che con multiforme ingegno espandi il tuo disordine fino ad occupare tutto lo spazio disponibile” Sì, sì, sono io, aiutatemi, io non sono così, non ci so stare nel caos, vi prego aiutatemi! “Cara tu che Il magico potere del riordino pensi sia un incantesimo inutile in quanto babbana, questo CONTEST è per te” (…) [Mumble, mumble] Ma che davvero?
Ecco. Più o meno è andata così. In preda ad uno sconforto totale e assoluto per gli scarsi risultati tangibili raggiunti, nonostante il mio impegno profuso oltre ogni limite e con lo sforzo di ogni cellula del mio corpo, ti scopro il #cinderellacontest di Tulimami.
Una liberazione, una catarsi, un’epifania, o, meglio, una figata! Neanche devo pensarci se voglio partecipare o meno, partecipo subito!
Naturalmente tra il dire ed il fare intercorrono tre giorni di delirio totale, ma partecipo, ovvio!
Non ho idea di cosa fotografare perché ogni angolo della mia casa ben si presta ad essere valorizzato per essere intriso di disordine, ma penso che ci possa essere sempre un’occasione migliore, una situazione ancora più assurda e delirante.
Fortunatamente (o sfortunatamente in questo caso) la mia indole di organizzatrice metodica alla fine della giornata ha (quasi) sempre uno scatto d’orgoglio e passa qui e là a metterci una toppa. E rimango sempre un po’ delusa perché so che possiamo fare di meglio (o di peggio) e temporeggio ancora un po’ per fotografare. Poi arriva il momento giusto.
Ore 13:58 di mercoledì. Sono in piedi dalle 5:30. Ho svuotato la lavastoviglie e l’ho già riempita nuovamente per metà, ho sfornato due pagnotte, impastato i panini all’olio e le tigelle per la merenda di Diego, sfornato i biscotti e le fette biscottate per la colazione, pulito il pavimento tre volte e svuotato e riempito lo scolapiatti per due. Ho lavorato con il computer seduta in cucina con Giulia che mi dorme sulla pancia, risposto a due mail, preparato una bozza di relazione al bilancio di chiusura esercizio. Sono andata a prendere Diego a scuola, abbiamo pranzato (serve dire che il pranzo qualcuno lo doveva pur aver preparato?) e, alla fine la cucina si presentava così.
Un campo di battaglia. Almeno io era così che lo vedevo, con gli occhi di un soldato sfinito dalla pressione logorante della trincea, che rifornisce di munizioni i suoi compagni, che raccoglie approvvigionamenti e libera il campo più in fretta che può.
Sconsolata, mi affaccio sulla porta e vedo che il nemico, invece, è sempre un passo avanti a me. Ok, questo è il momento.
Scatta un foto e poi porta tutti di sopra, chiudi la porta e poi ci penseremo.
Bene, se non fosse che poi in camera da letto abbiamo il letto ancora da rifare ed i vestiti sono dispersi secondo un criterio ancora da individuare (ammesso che ci sia). Non importa, adesso andiamo al bagno e poi dopo ci pensiamo. Seee… al bagno!
Qui veramente c’è la possibilità di rimanere impressionati. Stendino con il cambio della piscina di Diego che penzola sulla vasca da bagno, giochi nella vasca, nel bidet e nella cesta della biancheria. Tre paia di scarpe e due pantofole, neanche fossimo una famiglia di millepiedi.
Vado dritta al lavandino e ignoro il resto. Meglio. Perché nel frattempo Giulia ha deciso di fare coriandoli di carta igienica e Diego di allestire un set per il Lego sul tappetino davanti alla vasca da bagno. No, non mi sento di documentare anche questo, non ce la posso fare.
A ben vedere casa mia si presenta come una ludoteca allestita in una lavanderia: vestiti sparsi, stendini, montagne di biancheria pulita, giocattoli ovunque.
Forse la prossima volta, andrebbero istituite delle categorie: “miglior cassetto di mutande accartocciate e calzini spaiati”, “miglior piano di lavoro che neanche una sferzata di Napalm riuscirebbe a risolvere la situazione”, e così via. Per adesso, mi limito alla cucina del post pranzo. Sperando nella clemenza della corte!
In posizione talmente contorta che neanche la più complicata Asana eseguita da Buddha in persona, con il braccio destro sotto la testa della piccola che ciuccia indefessa la tetta allungata a forma di orecchia di cocker ed il braccio sinistro piegato per far aggrappare il grande che russa come un trattore, mentre con le dita intorpidite leggo (o almeno ci provo) qualche notizia e mi concedo qualche minuto di puro fancazzismo prima di stramazzare per qualche ora (mica penserete che è possibile tutta la notte, vero?).
“Cara tu che riordini ogni sera, ma l’indomani ripiombi nel caos” Ma che ce l’ha con me?
“Cara tu che non ci provi nemmeno, a riordinare” Oddio mio, mi hanno scoperto.
“Cara tu che dopo che hai cucinato, la tua cucina sembra la fortezza distrutta di Isengard” Lo sapevo che il caffè era una scusa e quella stronza macrobiotica della vicina ha piazzato delle microspie per denunciarmi all’ufficio di igiene.
“Cara tu, che con multiforme ingegno espandi il tuo disordine fino ad occupare tutto lo spazio disponibile” Sì, sì, sono io, aiutatemi, io non sono così, non ci so stare nel caos, vi prego aiutatemi! “Cara tu che Il magico potere del riordino pensi sia un incantesimo inutile in quanto babbana, questo CONTEST è per te” (…) [Mumble, mumble] Ma che davvero?
Ecco. Più o meno è andata così. In preda ad uno sconforto totale e assoluto per gli scarsi risultati tangibili raggiunti, nonostante il mio impegno profuso oltre ogni limite e con lo sforzo di ogni cellula del mio corpo, ti scopro il #cinderellacontest di Tulimami.
Una liberazione, una catarsi, un’epifania, o, meglio, una figata! Neanche devo pensarci se voglio partecipare o meno, partecipo subito!
Naturalmente tra il dire ed il fare intercorrono tre giorni di delirio totale, ma partecipo, ovvio!
Non ho idea di cosa fotografare perché ogni angolo della mia casa ben si presta ad essere valorizzato per essere intriso di disordine, ma penso che ci possa essere sempre un’occasione migliore, una situazione ancora più assurda e delirante.
Fortunatamente (o sfortunatamente in questo caso) la mia indole di organizzatrice metodica alla fine della giornata ha (quasi) sempre uno scatto d’orgoglio e passa qui e là a metterci una toppa. E rimango sempre un po’ delusa perché so che possiamo fare di meglio (o di peggio) e temporeggio ancora un po’ per fotografare. Poi arriva il momento giusto.
Ore 13:58 di mercoledì. Sono in piedi dalle 5:30. Ho svuotato la lavastoviglie e l’ho già riempita nuovamente per metà, ho sfornato due pagnotte, impastato i panini all’olio e le tigelle per la merenda di Diego, sfornato i biscotti e le fette biscottate per la colazione, pulito il pavimento tre volte e svuotato e riempito lo scolapiatti per due. Ho lavorato con il computer seduta in cucina con Giulia che mi dorme sulla pancia, risposto a due mail, preparato una bozza di relazione al bilancio di chiusura esercizio. Sono andata a prendere Diego a scuola, abbiamo pranzato (serve dire che il pranzo qualcuno lo doveva pur aver preparato?) e, alla fine la cucina si presentava così.
Un campo di battaglia. Almeno io era così che lo vedevo, con gli occhi di un soldato sfinito dalla pressione logorante della trincea, che rifornisce di munizioni i suoi compagni, che raccoglie approvvigionamenti e libera il campo più in fretta che può.
Sconsolata, mi affaccio sulla porta e vedo che il nemico, invece, è sempre un passo avanti a me. Ok, questo è il momento.
Scatta un foto e poi porta tutti di sopra, chiudi la porta e poi ci penseremo.
Bene, se non fosse che poi in camera da letto abbiamo il letto ancora da rifare ed i vestiti sono dispersi secondo un criterio ancora da individuare (ammesso che ci sia). Non importa, adesso andiamo al bagno e poi dopo ci pensiamo. Seee… al bagno!
Qui veramente c’è la possibilità di rimanere impressionati. Stendino con il cambio della piscina di Diego che penzola sulla vasca da bagno, giochi nella vasca, nel bidet e nella cesta della biancheria. Tre paia di scarpe e due pantofole, neanche fossimo una famiglia di millepiedi.
Vado dritta al lavandino e ignoro il resto. Meglio. Perché nel frattempo Giulia ha deciso di fare coriandoli di carta igienica e Diego di allestire un set per il Lego sul tappetino davanti alla vasca da bagno. No, non mi sento di documentare anche questo, non ce la posso fare.
A ben vedere casa mia si presenta come una ludoteca allestita in una lavanderia: vestiti sparsi, stendini, montagne di biancheria pulita, giocattoli ovunque.
Forse la prossima volta, andrebbero istituite delle categorie: “miglior cassetto di mutande accartocciate e calzini spaiati”, “miglior piano di lavoro che neanche una sferzata di Napalm riuscirebbe a risolvere la situazione”, e così via. Per adesso, mi limito alla cucina del post pranzo. Sperando nella clemenza della corte!